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Oggigiorno, la parola “amicizia” è molto inflazionata, così come, confusa e superficiale è la considerazione di valori e ideali.
L’amicizia è uno dei sentimenti più puri che esistano, ma cosa significa veramente essere amici?
Nell’era social si vanta il gran numero di “amici”, eppure, si documenta un crescendo di solitudine e individualismo. Si sta sempre più isolati e, anche quando si è insieme ad altri, il più delle volte l’attenzione è rapita da strumenti digitali, che propongono ogni genere di informazione, distrazioni, divertimenti e “socialità”! Si difende il proprio spazio e quasi infastidisce l’essere richiamati e sollecitati a dare attenzione a chi si ha di fronte.

Il virtuale sta inesorabilmente soverchiando il mondo reale e con esso la capacità di intessere relazioni fatte di sguardi, parole, confronto. Si vive una distopia emozionale e talora esistenziale in cui il proprio io diviene proiezione, filtro e apparenza di modelli imposti dalle ultime tendenze o da canoni estetici dominanti, spesso con il rischio di perdere di vista il centro e il fine stesso della vita!

Non è un caso, che negli ultimi anni, sia cresciuta la depressione e i disturbi del comportamento soprattutto tra i più giovani! Le motivazioni sono certamente molteplici ed eterogenee, ma è indubbio che vi è un aspetto centrale in questa problematica ed è legata al tema dell’amicizia.

L’amicizia è un valore inestricabilmente legato alla felicità poiché riguarda non solo il rapporto con l’altro, ma anche con sé stessi!
L’amico è colui che agisce nei confronti del prossimo in modo sempre disinteressato; diversamente, non può considerarsi veramente tale!
Come affermava lo stesso Aristotele: “Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici anche se avesse tutti gli altri beni”, tuttavia, “il desiderio d’amicizia è rapido a nascere, ma l’amicizia no.” (Etica Nicomachea Libro VIII).

Questo significa che l’uomo tendenzialmente e istintivamente cerca l’amicizia nell’altro, ma poi si lascia trasportare dai propri egoismi, finché l’altro corrisponde alla soddisfazione di determinati suoi bisogni. Tutto va bene, ma non appena questi bisogni cessano o cambiano, il rapporto muta e svanisce anche l’interesse verso l’altro.
Ciononostante, per essere amici e amare davvero è necessario prima imparare a rispettare e ad amare sé stessi, non in modo edonistico, quanto piuttosto ricercando il vero e sommo bene.

L’amicizia presuppone un’analisi, una conoscenza profonda di sé e l’applicazione di disciplina e autocontrollo. Mitra dharma è il dharma dell’amicizia che, come ricorda Paramahaṃsa Svāmī Yogānanda Giri, “trascende ogni diversità di stato, ruolo, religione e genere. Nonostante le sue numerose forme, l’amicizia ha solide caratteristiche di lealtà, mutua comprensione e protezione, reciproco sostegno e generosità, in gioia e dolore. Nell’ambito della Coscienza Divina non vi è vicinanza più intima e profonda di quella che chiamerei la sublime amicizia, paramamitra, la soglia che anticipa l’unione suprema, tādātmya. L’amico è colui che si sente vicino a noi, partecipa alle gioie e ai dolori; con cui comunichiamo l’uno all’altro, con il quale siamo legati da un abbraccio del cuore, hṛdaya sambandha. L’amicizia è come una madre che genera figli quali il dāna dharma, il dono; aparigraha, la non avidità; vimocana, la libertà; ahiṃsā, la non violenza, e altri ancora.” (Paramahaṃsa Svāmī Yogānanda Giri)

Il linguaggio dell’amicizia non è fatto di parole bensì di azione, amore e significato: agire per il bene altrui senza vantarsi di averlo fatto. Essere veri amici significa molto più del cameratismo e della vita comunitaria condivisa con compagni di scuola, di stanza o di lavoro.

Agire con un sentimento di amicizia dovrebbe essere il motore della vita. Donare il meglio di sé stessi, e non solo i problemi e le frustrazioni.
Sempre Aristotele sosteneva: “Perfetta è l’amicizia tra i buoni e coloro che sono simili per virtù. Costoro infatti, in quanto buoni, desiderano allo stesso modo reciprocamente l’uno il bene dell’altro, e sono buoni di per sé. Coloro che desiderano il bene dei propri amici per loro stessi sono amici al massimo grado, dato che hanno questo atteggiamento per essi stessi e non per accidente; quindi, tale amicizia permane salda finché essi rimangono buoni, e la virtù è cosa stabile. […] L’amicizia è un’anima che abita in due corpi, un cuore che abita in due anime.” (Etica Nicomachea Libro VIII, 1156b4-5).

Nel rapporto di amicizia non vi deve essere altro scopo che un aiuto reciproco, una maggiore consapevolezza, un’elevazione dell’anima, una maggior conoscenza dello spirito. L’essere veramente amico è la ricchezza migliore che una persona possa ottenere nella vita.

Nel simbolismo indù, l’albero rappresenta la donazione di sé. Un albero con le sue fronde fa sempre ombra, dona il profumo dei suoi fiori, il cibo dei suoi frutti, la legna da ardere per riscaldarci: tutto questo senza chiedere nulla in cambio.

Un amico vero è come l’albero con le ampie fronde, che dona ombra lungo una strada afosa in estate. Un buon amico deve avere il coraggio di dire sempre la verità, anche se qualche volta può essere un compito poco piacevole. La critica positiva e costruttiva è più utile della lode, fa crescere e fa conoscere maggiormente sé stessi. Soltanto un amico, che ha a cuore la nostra crescita e il nostro bene, può permettersi di non criticare mai alle spalle (come avviene solitamente per viltà), bensì riesce a dirci ciò che pensa direttamente e ad avere un confronto per offrirci la possibilità di esprimere le nostre motivazioni. Amicizia è essere pazienti, compassionevoli e gentili, è cercare di scoprire i problemi che affliggono l’altro, tentando di risolverli insieme.

L’amicizia è come un nido, un luogo accogliente in cui possiamo riposarci e dove non dobbiamo preoccuparci. Un luogo caldo, sicuro e avvolgente nel quale possiamo essere pienamente felici. L’amicizia è il bene più prezioso: è ciò che rende uguali, uniti uno all’altro, è vivere lo stato di yoga, è vivere pienamente, intensamente, coscientemente. L’amicizia perfetta è dunque quella dei buoni, che si assomigliano in virtù e “fanno di due corpi una sola anima”.
Il pensiero induista riconosce un’unica Coscienza Divina in ogni essere vivente tale per cui nei Veda si afferma “Io guardo a tutti gli esseri viventi con gli occhi di un amico.” Questo tipo di amicizia si accompagna alla maturità dell’ahiṃsā, la non violenza: un’assenza di ostilità verso tutti gli esseri, in ogni modo e in ogni tempo.

Si tratta di un’empatia equanime, una visione senza distinzione, la capacità di vedere il Sé in tutto e il Tutto in sé. In questo livello metafisico, ci si eleva sino all’intimità con la suprema Coscienza.

Nella dottrina dello śaiva siddhānta, questo stato è rappresentato dal terzo padamukti o sahamārga, detto anche la via dell’amico, dove il devoto assume la stessa forma dell’Amato divino, o sārūpya; è un livello di immensa intimità mistica e di profonda beatitudine, ānanda.
Essere amici significa godere del bene altrui, godere della gioia dell’altro.
Quando vediamo che l’altro è contento e sta vivendo delle situazioni positive, se siamo dei veri amici e se nutriamo un autentico sentimento di amicizia, siamo felici per lui e cerchiamo di agevolarlo e di condividere la sua gioia perché in fondo anche noi ne siamo parte. Il più grande amico è il Guru che, per amore e Amicizia, ci riconduce al Divino.