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Esiste un luogo sulla terra dove le strade letteralmente cantano le lodi degli Dei. Questo luogo è il Sud dell’India. L’adorazione è sotto forma di kolam, antica arte domestica indù. Nella cultura indiana le anime evolute hanno sempre cercato di esprimere l’infinito con il linguaggio del finito.

Ricettiva e sensibile alla moltitudine di poteri che creano, mantengono e dissolvono le nostre vite umane, la tradizione induista ha sviluppato un’abilità unica di utilizzare i sensi, attraverso il simbolo, per rappresentare proprio quelle forze che non possono essere percepite per mezzo di essi.
Quello dei mantra è un metodo per evocare, attraverso vibrazioni altamente sottili, i diversi aspetti del Divino, così come le raffigurazioni di forze mentali e sovramentali. I kolam o maṇḍala, disegni geometrici, possono essere considerati, in alcuni casi, dei mantra visivi, che rappresentano ed evocano queste stesse forze.

Per fare un esempio, Lakṣmī Devī, l’espressione femminile del Divino, legata alla salute, alla prosperità sia materiale sia spirituale e alla felicità familiare, può essere evocata attraverso la recitazione della combinazione corretta di suoni, che stimolano quella parte della coscienza individuale e universale capace di produrre una prosperità illimitata. Allo stesso modo, tale forza può essere celebrata concentrandosi su una forma geometrica che la racchiude in termini visivi: questo è il significato più profondo dei kolam. Questi disegni o kolam hanno il potere di evocare Mahālakṣmī.

In India, un’usanza molto antica vede le mogli e le madri alzarsi prima dell’alba, compiere il bagno rituale, pulire l’ingresso esterno della casa, cospargerlo di sterco di vacca mischiato ad acqua, e realizzare diagrammi laboriosi chiamati kolam, appunto.

Il materiale usato per fare i kolam è tradizionalmente farina di riso mischiata ad acqua fino a ottenere un impasto liquido, anche se oggigiorno molte donne moderne usano il gesso o la polvere di lime. La struttura base del disegno è una serie di puntini, pulli o bindu.

Oltre a essere di importanza vitale nella preparazione dei kolam, il concetto di bindu è centrale nell’induismo, soprattutto nelle tradizioni tantriche. Bindu, nel suo significato più quotidiano, indica un punto, un cerchio solido e rotondo.

Il bindu è applicato al centro della fronte dalle donne sposate o come ornamento di bellezza femminile. Nella poesia indù, una donna è spesso descritta come “colei che porta un tilaka rosso come il sole che nasce al mattino sulla sua fronte”.

Il bindu o tilaka, tuttavia, è messo anche dai devoti come segno sacro; esso è, infatti, posto esattamente all’altezza dell’ājñā cakra, e ha lo scopo di aiutare la mente a concentrarsi su questa parte del corpo. Anche gli sguardi delle persone, che si incontreranno durante l’arco della giornata, saranno naturalmente attratti dal bindu e, di conseguenza, anche la loro forza mentale andrà su di esso. All’origine di tale pratica, vi è l’esigenza di far convergere tutte le energie in un unico punto, per favorire il processo di contemplazione chiamato dhāraṇā. Il termine bindu può anche riferirsi al seme del Signore Śiva e sta a indicare la forza vitale della vita.

Nell’arte del kolam, questi bindu sono i punti che tracciano la via attraverso la quale fluisce questa energia speciale.

Le linee che uniscono i bindu seguono una procedura molto precisa, che richiama la tecnica di comporre un’immagine attraverso l’unione dei punti. Uno dei metodi impiegati dalle donne è quello di immergere un lembo di stoffa in un impasto di farina di riso e acqua e strizzarlo, muovendo poi la mano tra i punti per formare il disegno. Alcune donne acquisiscono grande abilità in questa arte e sono in grado di delineare linee più spesse, più chiare, più marcate senza alcuna sbavatura. Tracciano alcuni punti, muovono le dita rapidamente qui e là e, come per magia, appare un fantastico disegno che cattura l’attenzione della mente, spesso incomprensibile, ma tremendamente irresistibile. Si potrebbe rimanere a fissare alcuni di questi kolam per un tempo indefinito, e non c’è da meravigliarsi, perché essi sono rappresentazioni geometriche delle forze e dei poteri che non possono essere percepiti attraverso i sensi. Essi possiedono una realtà spirituale propria.

Insieme all’arte culinaria, al canto, alla conoscenza della musica strumentale, l’arte di realizzare i kolam era un’abilità molto apprezzata, una componente importante per creare un’atmosfera armoniosa e felice all’interno della casa.

Oggi si osserva, purtroppo, una progressiva degenerazione e la perdita di questa usanza. È, addirittura, possibile comprare un piccolo strumento per i kolam, con cui la polvere viene fatta passare in un cilindro traforato: è sufficiente far rotolare il rullo traforato sul pavimento per creare vari tipi di disegni.

Si possono realizzare, con gli stampi e polvere di gesso colorata, moltissimi disegni moderni e bellissime rappresentazioni di pavoni, conigli, carri templari, serpenti, fiori e perfino rappresentazioni di templi famosi, ciononostante questi disegni non hanno il potere dei mantra e dei maṇḍala che possedevano invece gli antichi disegni tramandati per migliaia di anni da generazioni di madri alle loro figlie. I disegni di oggi non hanno lo stesso potere di attrarre la Divinità, ma sono, spesso, semplicemente delle forme di arte decorativa all’entrata delle case.

L’arte dei kolam è veramente un’arte spirituale anche per un’altra ragione. Infatti, servono tanto talento, abilità, pratica, esperienza, tempo e sforzo di concentrazione per fare ogni singolo kolam, ma, ironia vuole, che possa essere facilmente distrutto da un piede non attento della prima persona che passa. La costruzione di un kolam insegna il non attaccamento al risultato del proprio lavoro e della propria bravura. Ho visto gruppi di bambini giocare senza alcuna attenzione sopra i kolam che la madre aveva disegnato diligentemente pochi minuti prima per adornare l’entrata della sua casa, fino al punto di renderli irriconoscibili nell’arco di pochi minuti. Tuttavia, anche questo fa parte dell’arte del kolam: l’inconscio riconoscimento che niente è eterno e che tutto ciò che nasce, muore. A differenza degli scultori, i cui lavori sopravvivono per secoli, l’umile artista di kolam sa che il suo lavoro sopravvive solo un giorno. Ciononostante, questo non ha effetto sul suo desiderio di eseguire un disegno perfetto, anche se non permanente.

L’usanza di disegnare i kolam con la farina di riso e di altri cereali rispecchia, inoltre, l’attitudine compassionevole indù verso la vita. Il kolam diventa, infatti, anche il nutrimento per gli animali che peregrinano nei paraggi della casa. Gli uccelli della zona vivono di kolam trovando nutrimento dalle mani della padrona di casa. Altri sostengono che la farina dissuada le formiche e gli insetti dall’entrare in casa, poiché si fermano a mangiare la farina di riso alla porta, fino a sazietà, per poi tornare da dove sono venuti. Vi è anche la credenza che impiegare la farina di riso nei kolam, abbia un effetto augurale e di buon auspicio per il buon esito del raccolto dell’intera comunità.

Senza alcun dubbio possiamo dire che i kolam decorano la vita e le case della comunità del Sud dell’India. Camminare su un kolam per entrare in una casa dà felicità al cuore di ogni persona, e allo stesso modo la pone in uno stato mentale più elevato quando fa visita ad amici e parenti. L’apice di questa esplosione di arte e colore è concentrato soprattutto nel mese di dicembre-gennaio (il mese tamilico di margazhi). Nel Sud questo è l’ultimo mese dell’inverno e segna il momento in cui Sūrya, il Sole, comincia la sua ascensione verso Nord.
Durante questo periodo di tempo molto lungo, l’entrata di quasi tutte le case indiane rifulge della bellezza di kolam elaborati e riccamente adornati. Soprattutto durante i giorni di festa come il Pongal (la festa del raccolto del riso nel Sud India), le strade sono una gioia da contemplare. Di fronte a ogni casa, fino a dove lo sguardo riesce ad arrivare, si vedono linee di meravigliosi e intricati disegni, poiché ogni donna cerca di superare la sua vicina in bravura.
Una variazione inusuale sul tema è il kolam musicale chiamato kolam pulli. Si chiama musicale perché la realizzazione del kolam è scandita e ritmata da una particolare canzone. A ogni battuta del tāla (ritmo), l’artista deve mettere un pulli o punto. Al termine della canzone avrà messo tutti i pulli e dovrà quindi tracciare le linee di collegamento.

Molto probabilmente la parola “kolam” proviene dalla parola tamil “kolaham” che significa festività o felicità festosa. Il kolam manifesta al mondo la gioia nella casa.
Quando vengono celebrate occasioni particolarmente gioiose, il kolam è vistoso ed elaborato, come nel caso di matrimoni ed altre importanti festività religiose.
Quando c’è un lutto nella casa non viene fatto nessun kolam per tutti i tredici giorni delle cerimonie di purificazione.
Una donna indiana conoscerà almeno venti tipi di kolam a memoria. Chi è molto interessata a questa arte, memorizza fino a duecento modelli.
È un ottimo metodo per allenare la mente in senso visivo, memorizzando schemi fatti di punti. Così fare i kolam diviene anche una sfida intellettuale, un esercizio di salute mentale. Come in tutte le arti indiane, ci sono regole di base ben precise, ma all’interno di quelle regole c’è grande spazio per la creatività.

Il sole non è ancora sorto. La devota moglie e madre indiana pulisce bene il gradino della porta di casa con acqua fresca e sterco di vacca. Con profonda concentrazione ella immerge il dito nella farina di riso e fa una serie di pulli, o punti sul suolo. Con dita abili, disegna linee marcate, tracciando disegni che attraggono la mente. La Dea Mahālakṣmī, durante la sua passeggiata mattutina, si ferma ad ammirare lo sforzo disinteressato e concentrato e l’abilità artistica della sua devota. Con un sorriso benevolo entra nella casa e la benedice per un altro giorno ancora. Coloro che vivono nella casa si alzano, si stirano felicemente e si riempiono di un meraviglioso senso di benessere. Inconsapevoli del motivo della loro felicità, vanno incontro alla loro vita giornaliera. Da qualche parte la Dea sorride. Un altro giorno è cominciato in modo felice, grazie all’antica usanza dei kolam, quelle belle, affascinanti invocazioni agli Dei, capaci di catturare l’attenzione della mente.